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Bagni è figlio in tutto e per tutto del suo tempo (il
novecento) e della sua terra (la Versilia). I piedi
immersi nella sabbia, una sigaretta in bocca. E il
rombo di una macchina sportiva ruggente come gli
anni di quella Versilia, sogno e meta mai raggiunta in
un film capace di inquadrare - come pochi altri -
magistralmente un'epoca: "Il sorpasso" di Dino Risi.
Ma a me è stata concessa anche la possibilità di
conoscere Carlo in maniera piú profonda e intima:
ecco che appare una profilo differente, che lui stesso
definisce crepuscolare. Mi viene in soccorso di nuovo
una grande pellicola ancora di quei tempi - "I vitelloni"
di Federico Fellini, altro uomo e letterato
tipicamente novecentesco - nella quale l'autore declina
le varie anime della propria personalità usando piú
interpreti: dalla smaccata sfacciataggine di Alberto (che
da sopra l'auto fa il gesto dell'ombrello a alcuni
"lavoratori della mazza" lungo la strada) fino
all'introspezione di Moraldo (che è l'unico a avere il
coraggio di lasciare il paese e partire in treno per la
grande città). Parimenti Carlo. La sua voce talora da
alta e tonante si fa sussurrata e fioca, rauca e roca.
Graffiante, come quella di Chet Baker che tanto ama
(dalla nota introduttiva di Marco Del Bucchia).
Carlo Bagni |
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