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Oggi si parla di riscoperta della tavola: corsi di
cucina, enogastroturismo, il biologico e la
macrobiotica, i foodie, i cuochi stellati - pardon
gli chef! - in televisione. Nella mia famiglia la
cultura del cibo c'è sempre stata: ogni mattina,
come prima cosa, mia nonna chiedeva a mia
madre: "Che si fa oggi da mangiare?" Forse
perché, avendo vissuto due guerre mondiali (due,
non una), e sapendo veramente cosa fosse la
fame, aveva bisogno della sicurezza
dell'esistenza del pranzo e della cena,
possibilmente abbondanti. Per me quindi non c'è
stata alcuna riscoperta: sono stato anche
fortunato, con un mangiare sempre semplice e
genuino e vino sincero. Ma il cibo in casa era un
attore non protagonista: chi contava (e conta)
era altro, ovvero le persone. Non c'era la
televisione in cucina, per scelta dei miei genitori:
cosí a pranzo e a cena - perché noi abbiamo
avuto il privilegio di appartenere a quella
generazione che si riuniva a tavola, anzi "al
tavolino" come si dice in Versilia, con entrambi i
genitori due volte al giorno - si parlava del piú e
del meno, si faceva un resoconto della giornata:
scuola, aneddoti, programmi e commenti vari.
Oggi, quando torno in Versilia, chiedo a mia
mamma di preparare i piatti della tradizione,
quasi tutti di terra: la 'ntruglia, i matuffi, i
tordelli, le torte di riso, putta e dolce, i tagliarini
coi fagioli, i ciacci con la ricotta, il biroldo, il
vino del Monte di Ripa: in quelle pietanze ritrovo
gli odori e i sapori che mi riportano - anche coi
sensi - alle chiacchierate, alle discussioni, a
tutto il mondo che ho vissuto con mio padre. E
parlare a tavola di lui - e anche di quei cibi - ai
miei figli o agli amici è un bel modo per sentirlo
vicino e mi ha aiutato, a volte, a esorcizzare la
tristezza di non averlo
piú fisicamente accanto.
Pertanto buona lettura.
Se potete, gustatela con
un pezzetto di
formaggio ricordando
mio padre: uno
qualsiasi, visto che li
adorava tutti
(dall'introduzione di
Carloalberto
Giovannetti). |
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