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Taluni giorni, senza un preciso riferimento stagionale, mi accade di percepire la pesantezza della mia corporatura, la mia ingombrante presenza nell'aria, nelle strade, nelle stanze. Ad essere piú attenti però, a parziale rettifica, mi pare che ciò che piú affioracon nitidezza è il "peso" che m'incurva le spalle. Scoperta fugace ombrosa. Mi accorgo di questo stato di prostrazione fisica con improvvisa intuizione, come di condizione caduta su di me un attimo prima, o come se avessi indossato sul momento un rozzo pastrano; d'istinto, allora, chiamo i muscoli del torace e delle larghe spalle ad un subitaneo scatto raddrizzatore, per rimettere le cose a posto. In séguito, questo gesto viene ripetuto piú volte nel trascorrere delle ore, a dimostrazione che risultano vani i tentativi di mantenere saldamente eretta la persona: silenziosamente la mia distrazione fa sí che essa ritorni allo stato iniziale. Ed io con segno netto la contorno, la riconosco profilata nell'ombra su un muro, nel fugace riflesso di un cristallo, la curvatura presenile della mia schiena; e mi sorprende che essa non sia piú capace di contrastare la gravità di un peso considerevole ma pur sempre sostenuto da vigore nel resto del corpo. Ciò è da imputare, con tutta probabilità, ad un'eterea e beffarda stanchezza mentale che s'insinua, a dispetto del mio costante attivismo, tra le pieghe del portamento. Gli altri non notano differenze, io stesso non presto attenzione all'evento, ma immancabilmente essa aggredisce e modella di soppiatto la mia resistenza. Mi chiedo: fino a quando riuscirò ad impennare con risolutezza la mia statura fisica e morale, ad impedire che il volo delle emozioni s'impigli nella rete delle miserie umane? (nota finale dell'autore).
Fiorenzo Martinelli Mario Francesconi
Il Tirreno (Viareggio) 17.10.2007 Con Autunno in-verso la poesia in biblioteca
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