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Il caso Circe: Riccardo Cardellecchio intervista Federigo Guardone, autore del libro

Il caso Circe: Riccardo Cardellecchio intervista Federigo Guardone, autore del libro


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Federigo Guardone (che in questo suo libro ricostruisce l'omicidio di Forte dei Marmi), 65 anni, viareggino, avvocato, tiene a mettere in primo piano la sua grande passione: la scrittura. Che lo ha portato a ricostruire fatti di cronaca nera, palcoscenico la Versilia. E non poteva che essere lui a inaugurare la collana Toscana Cronaca dell'editore Marco Del Bucchia. E con un libro su un fatto che appassionò ed appassiona gli italiani, suscitando opposte posizioni: "Il caso Circe" (Marco Del Bucchia, pagine 232, euro 13). Protagonista Maria Luigia Redoli, per l'appunto la Circe della Versilia. Per ricostruire la vicenda, Guardone si è basato sugli atti processuali, sulle interviste concesse da Maria Luigia Redoli e su quanto è stato reso di pubblico dominio dagli organi d'informazione. Di grande importanza anche ricca la documentazione fotografica del crimine.
Avvocato, cosa l'ha spinta a interessarsi dell'omicidio di Forte dei Marmi? "Ho interesse per la narrativa. Ho pubblicato alcuni libri che hanno avuto favorevole riscontro nel pubblico e nelle giurie di premi letterari: "L'avvocato Molossi", "Perequare la sfortuna", "Zefirino" etc. Mi sono accorto dell'interesse che suscitano in me i casi giudiziari riguardanti la cronaca nera, in particolare della Versilia. Infatti, nell'85 ho pubblicato il libro "Il delitto Lavorini" (avvenuto nel 1969), caso che tutti ricordano e, nel 2000, "Il processo di Viareggio" (che tratta di un orrendo delitto di un giovane, legato ai binari del treno in epoca fascista (risalente al 1931). Non potevo certamente ignorare una vicenda così appassionante come l'uccisione di Luciano Iacopi (commessa nel 1989), delitto che ha avuto una così elevata risonanza e che ha fatto tanto discutere. In definitiva la cronaca nera è pur sempre narrativa".
Ritiene che la Redoli sia veramente una Circe, capace di condizionare tutti, finanche i figli? "Il nome Circe a Maria Luigia Redoli è stato scelto dai mas media per dare una qualificazione morale del suo comportamento spregiudicato, ma a prescindere dai principii moralistici, questa donna di 50 anni, che amava il denaro e il lusso, avrebbe commesso un peccato ben più grande: avrebbe circuito un giovane carabiniere, Carlo Cappelletti, di 24 anni, e addirittura plagiato i due figli Diego, di 14 anni, e Tamara, di 18. Ma giudicarla una Circe, cioè mangiatrice di uomini trasformati da lei in porci non me la sento. Probabilmente era una donna con una personalità non sana, ma che sia stata una mandante oppure un'assassina non significa che sia stata una Circe".
La Redoli, anche in una recente intervista televisiva, si è dichiarata innocente ed è apparsa decisa a dimostrarlo. Che ne pensa? "Sull'innocenza o sulla colpevolezza della Redoli ci sarebbe molto da discutere: le due senetenze, una di assoluzione (Corte di Assise di Lucca) e l'altra di colpevolezza (Corte di Assise d'Appello di Firenze) dimostrano due valutazioni divergenti degli stessi eventi. Si è trattato di un processo indiziario per cui la prova piena non si acquisisce mai in tali tipi di processi. Secondo i giudizi di secondo grado tali indizi, gravi, precisi e concordanti sono stati così numerosi da far risultare una prova piena. Vi sono perplessità circa i tempi per commettere l'omicidio e circa la presenza dei figli: non dimentichiamo che Diego aveva solo 14 anni, un soggetto che facilmente avrebbe potuto confessare. E poi sembra incredibile che una madre possa avere portato i figli alla "mattanza" del proprio padre. Ma è anche doveroso aggiungere che la maggior parte dei colpevoli si proclama innocente. Un mio giudizio mi porterebbe alla perplessità".
Ma Luciano Iacopi, il marito anziano e ricchissimo, che tipo era? Par di capire che avesse numerosi nemici. "La figura di Luciano Iacopi: si cavalca l'onda della maldicenza. Dalle indagini non è emerso che facesse l'usuraio. Certo era un uomo non amato né in famiglia né dai suoi concittadini. Fa quasi pena, a 69 anni in cerca di un affetto che non trova in famiglia, ricambiato solo attraverso incontri ottenuti tramite giornali specializzati. Due figli che credeva suoi, ma che non lo erano. Una moglie che lo tradiva. Risulta fosse un affarista, non un usuraio: alla sua morte si dice che a Forte dei Marmi abbiano brindato. Andrei cauto con i giudizi. I suoi rapporti con l'amante signora Tuttobene sono di tenerezza e di affettuosità".
Carlo Cappelletti. È una figura inquietante perché non si riesce a collocarlo nel posto giusto, esatto della storia. Cosa ne pensa? "Se è colpevole, merita una pena esemplare: un carabiniere che ha superato un esame attitudinale per diventarlo, un servitore della legge che dovrebbe essere d'esempio per gli altri, un uomo che dovrebbe avere caratteristiche interiori particolari. A meno che non gli si voglia dare attenuanti di persona ingenua, che è stata circuita da una mente superiore alla sua, che ha generato in lui la convinzione di una vita agiata, spensierata, ma che ha risvegliato anche un istinto animalesco, bestiale. Se è innocente, fa pena. La sorte gli ha riservato un destino crudele: trovarsi coinvolto in una vicenda senza avere alcun peccato se non quello d'avere appena assaporato una vita diversa da quella che conosceva".
Il delitto di Forte dei Marmi superò i confini della Versilia, della Toscana. Divenne fatto nazionale. Finì in tv. Michele Santoro gli dedicò una puntata densa di "Samarcanda". Che ruolo svolse l'informazione? Cercò lo scandalo o la verità? "Il risalto che i mas media hanno dato al caso della Circe fa parte del grande 'circo della vita'. In noi è insita la natura di voler sapere cosa accade agli altri, di dare giudizi. Ritengo che ci si identifichi nei personaggi di cui si parla tanto. Certamente i giornalisti fanno il loro lavoro che consiste anche nell'agevolare e incrementare queste nostre curiosità. A volte c'è un pizzico di malafede: d'altronde i giornali devono essere venduti".
Ma lei, avvocato, dica la verità: è colpevolista o innocentista? "Il giudizio sull'innocenza o sulla colpevolezza della Redoli e del Cappelletti lo darà ciascuno di voi dopo aver letto il libro. Io posso dire che è meglio un colpevole libero che un innocente in prigione".
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