Bartolomeodimonaco.it - 01.02.2011 Letteratura: Luciano Luciani, "Minimo ottocento" (Marco Del Bucchia editore, 2010) di Marisa Cecchetti Personaggi e vicende di una difficile identità nazionale, a un secolo e mezzo dall'unità d'Italia, recita il sottotitolo di questa raccolta di Luciano Luciani. Si tratta, come precisa l'autore, di quattordici brevi saggi apparsi nel corso di questi ultimi anni su alcune riviste specializzate ad ampia diffusione, in essi ha voluto "riproporre ai lettori del XXI secolo le ragioni e i valori che hanno ispiratogli uomini del Risorgimento a porre le basi, ideali e materiali, della nostra comunità nazionale".
Non sono gli eroi celebrati sui libri di Storia, ma personaggi meno noti, eppure non meno grandi, che si sono distinti per la loro volontà di realizzare progetti, lottando contro ogni tipo di ostacolo o di persecuzione politica, che hanno sentito l'orgoglio delle loro origini ed hanno fatto di tutto per dare lustro all'Italia quando ancora se ne doveva completare l'unità, siano stati essi patrioti, letterati, esploratori, militari, scienziati, educatori.
Tra questi Agostino Codazzi, romagnolo classe 1793, che scopre la sua vocazione a Cartagena, nel Venzuela. Lì aveva incontrato nel 1826 Bolìvar da cui era stato nominato comandante d'artiglieria in una provincia, con il compito di sovrintendere alla costruzione delle fortificazioni costiere, impegno che lo fece conoscere non solo come uomo d'arme, ma come ingegnere e geografo, tanto che per trent'anni sarà viaggiatore, esploratore, cartografo, e poi ritenuto padre della cartografia moderna, intesa come lettura e interpretazione di un territorio.
Tutti conoscono il nome di Pietro Maroncelli, che la Storia avvicina a Silvio Pellico nella tragica esperienza condivisa dello Spielberg. Arrestato a Milano nell'ottobre del 1820, cercò di depistare gli Austriaci negando l'appartenenza ad alcuna organizzazione settaria, affermando di essere un tessitore di trame clandestine volte a unire l'Italia in un "regno costituzionale filoaustriaco che eliminasse il…governo dei preti". Purtroppo il Pellico non era a conoscenza di questa linea difensiva dell'amico e interrogato più tardi smontò l'audace frottola, a danno di entrambi! Uscito dallo Spielberg nel 1830, trentacinquenne vecchio e logorato, Maroncelli vivrà a New York modestamente, insegnando musica, negli ultimi anni colpito da cecità e pazzia.
E che dire della legge di Francesco IV d'Este, duca di Modena, che proibiva ai suoi sudditi di lasciarsi crescer i baffi, considerati segno di ribellione e volontà di lotta? Felice Romani, librettista della Norma di Bellini, presente a Modena per la prima dell'opera, si oppose fieramente al trattamento imposto, prerequisito richiesto per soggiornare nella città, fino a far capitolare eccezionalmente lo stesso duca.
Anni di lotte e di delusioni sono 1l 1848 e 49 per Antonio Peretti, intellettuale emiliano, divenuto poeta di corte a Modena, nonostante la sua fama di liberale: " Si figuri se non so che Peretti è un liberale!- avrebbe detto Francesco IV ad un cortigiano denigratore- . Ma almeno da lui conosco la verità: da lei non sono mai sicuro di venirla a sapere!"
Alessandro Calandrelli, classe 1805, prima cadetto onorario nell'artiglieria dell'esercito pontificio, poi professore presso la scuola stessa dei cadetti, sarà in prima fila al momento della difesa della Repubblica Romana del 49, pronto a far parte dell'ultimo triumvirato dopo le dimissioni di Mazzini, Armellini e Saffi, azioni che dovrà amaramente scontare al ritorno dell'autorità pontificia.
Accanto a chi ha impugnato le armi, in queste storie c'è anche un gran bisogno di pace, di quotidiano lavoro, di spazi familiari, e lo dicono i versi delle canzoni d'epoca: "Ah, che partenza amara,/Gigina mia cara, Gigina mia bella,/di me non avrai più forse novella". Quando non si arriva addirittura al rifiuto delle armi: "Ero povero ma disertore/e disertai le mie frontiere/è Ferdinando , l'impé – l'imperatore/che mi ha perseguità".
In questa galleria di ritratti, in qualsiasi campo i protagonisti si siano distinti,. si respira comunque desiderio di patria, benché fosse ancora da costituirsi nella sua unità, insieme ad una profondità e serietà di valori oggi dimenticati e calpestati. C'è emozione davanti alle bellezze della nostra terra, nelle pagine degli scrittori stranieri che ne facevano una meta culturale privilegiata, e sono arrivati a cominciare dal 1700: "la natura sembra aver destinato l'Italia ad essere una sola nazione - scrive nel suo diario di viaggio Fenimore Cooper, tra il 1820 e il '30 -. La gente che parla la stessa lingua, un territorio circondato quasi tutto dall'acqua, o separato dal resto d'Europa da una barriera di grandi montagne, l'estensione, la storia antica, la posizione geografica e gli interessi sembrerebbero tutti direttamente tendere a questo unico fine".
Le pagine di questo libro, nella volontà di smuovere le coscienze assonnate, portano purtroppo ad una dolorosa riflessione sul fallimento delle "magnifiche sorti e progressive", perché i tumulti per l'aumento del prezzo del pane nel 1898 – se rimandano immediatamente alle immagini recenti dalla Tunisia – rimandano anche alle manifestazioni di piazza e ai cortei di casa nostra, agli scontri degli studenti con le forze dell'ordine, in un tragico momento storico, quello del nostro paese, che vede il dilagare della disoccupazione, i salari da fame, la perdita di futuro delle giovani generazioni a cui una classe corrotta al potere non dà risposte, arroccata nella difesa dei propri privilegi.
E tra gli uomini al potere oggi c'è chi rifiuta la lingua italiana, che è sempre stata considerata elemento di identità e di unità, e vitupera la bandiera , in uno squallido spettacolo che la Storia non avrebbe mai immaginato di scrivere nelle proprie pagine. |