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La Provincia (Cremona) - 03.07.2007
La Provincia (Cremona) - 03.07.2007
Ma il giallo in Italia è una roccaforte tutta maschile
Le donne che scrivono gialli in Italia sono poche e trascurate, non esiste una vera scuola italiana di gialliste», parola di Paola Alberti, giallista, che con un premio letterario sta cercando di far nascere in Italia una scuola che riconosca il talento delle italiane che si cimentano col giallo, così diverse nello stile dai colleghi uomini.
Alberti, è vero che le poche gialliste italiane sono giovani, aggressive ed emulano lo stile maschile? In parte sì. Io sto facendo una battaglia a favore delle donne che scrivono gialli attraverso il «Premio Europa», un premio che ho creato quattro anni fa e che ha Luca Crovi come padrino. Si tratta di una gara dedicata solo alle donne che scrivono racconti inediti gialli, ma non sono molte le partecipanti e chi gareggia in realtà è molto giovane e spesso pare usi il giallo come escamotage per farsi pubblicare.
Vuol dire che gialliste per vera vocazione non esistono in Italia? No, gialliste ce ne sono ma non fanno scuola e non rientrano mai tra le prime cento firme delle classifiche.
E il motivo qual è? Mi sono resa conto con amarezza, da scrittrice di gialli quale sono, che le scuole di giallo italiano sono chiuse alle donne. A Milano c'è "la scuola dei duri" di Biondillo, in Toscana ce ne sono altre, ma fatte da soli uomini. Queste conventicole sono roccaforti maschili.
Maschilismo, preconcetto o altro? Non è sessismo, ma è stata fatta una scelta di narrativa thriller all'italiana dove non c'è posto per le sfumature narrative che sono caratteristica femminile, mentre in Inghilterra, in Spagna e in Usa queste caratteristiche sono apprezzate e sostenute. Io stessa ho ricevuto rimproveri da editor perché nei miei romanzi c'è un investigatore che non è macho, non ha l'ulcera, non beve superalcolici, ma beve anche tè e a volte è donna.
Ma allora, le scrittrici di gialli che comunque scalano le classifiche... Riescono a farlo perché si rifanno agli stereotipi maschili e sono disposte a imitarli pur di avere successo. Io invece voglio una scuola al femminile del giallo che ora in Italia non esiste.
Lei nel '96 fondò con altri il movimento «Penne arrabbiate», che fine ha fatto? «Penne arrabbiate» nacque come risposta al cannibalismo che allora andava forte e per il recupero del narrare attento e curato, contro il pulp. Questo movimento ora non esiste più, ha fatto il suo tempo. Ho messo invece in campo un'altra iniziativa, «Cene con delitto», rappresentazioni di un delitto che vengono fatte a tavola coinvolgendo i commensali. Un modo nuovo di fare giallo, che piace e che confluirà a giorni nel mio libro «Il delitto è servito», editore Marco Del Bucchia, con sette copioni e altrettante ricette per... uccidere qualcuno con ironia...
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